Ottocento anni dalla disfatta di Muret
Accadeva
ottocento anni fa, nel settembre 1213, una battaglia che risultò esiziale per
le sorti dell’appena nato stato occitano-catalano costituitosi appena pochi
mesi prima, il giorno 27 di gennaio 1213 quando il re d’Aragona Pietro II aveva
ricevuto il giuramento di Raimondo VI conte di Tolosa e di suo figlio il futuro
Raimondo VII, del conte di Foix, di quello del Comminges e del visconte del
Béarn. Tutti i possedimenti di questi passavano dunque sotto l’autorità di
Pietro II che, dopo aver sconfitto i musulmani nella battaglia di Las Navas de
Tolosa del 12 luglio 1212, si era potuto concentrare interamente sugli affari
occitani. Dalla Provenza al Béarn, dall’Ebro alle Alpi si era costituita un’unica
compagine territoriale. Questo evento, riprendendo le parole di Philippe Martel[1], fu
“l’apogeo del processo di costituzione dell’Occitania in Stato, o piuttosto
della costituzione di uno Stato catalano-occitano”.
Il
suddetto giuramento, rottura di Tolosa con la Corona di Francia a tutto
vantaggio di quella d’Aragona, è da leggere nell’ottica della necessità di
difesa e di resistenza dei feudi occitani della Francia occidentalis alla Crociata indetta da papa Innocenzo III
nel 1208 per estirpare l’eresia catara, dopo l’assassinio del suo legato Pèire
de Castelnau da parte di un vassallo di Raimondo VI. Nei giorni 10, 11 e 12
settembre dell’anno 1213 sul campo di battaglia di Muret, centro posto a 20 km
a sud di Tolosa, alla confluenza del fiume Garonna con il suo affluente Louge, si
opposero da un lato l’armata occitano-catalana, dall’altro i crociati. La prima
era guidata da re Pietro II d’Aragona e comprendeva anche le milizie municipali
di Tolosa, il conte Raimondo VI e i suoi vassalli e poteva complessivamente
contare, secondo una stima di Michel Roquebert[2], tra
i 20 e i 40 mila uomini. Ben più inferiore la stima dell’armata crociata
guidata da Simon de Monfort: solamente 2000 uomini circa. André Dupuy[3]
propone invece numeri differenti: 50 mila fanti a disposizione di Pietro II
contro i 900 cavalieri e 2000 uomini dei crociati.
Simon
de Monfort, signore francese con terre in Normandia e nell’Ile-de-France, aveva
preso la guida della Crociata dopo avere ottenuto il viscontato di
Carcassonne-Béziers-Albi a seguito della cacciata dei Trencavel in una prima
fase della Crociata a cui aveva preso parte lo stesso Raimondo VI di Tolosa.
Lo
scontro si ebbe il giorno 13 dopo che Pietro II d’Aragona con Raimondo VI aveva
posto sotto assedio i crociati di Simon de Monfort a Muret. La cronaca dello
scontro ci è pervenuta grazie al celebre poema della Canson de la Crosada[4],
realizzato in parte dal navarrese Guillaume de Tudèla (che impiega come metrica
coblas capcaudadas) e in parte da un
Anonimo (che fa uso invece di coblas
capfinidas), che ne riporta i fatti cruciali. La forte disparità delle
forze in campo avrebbe dato per scontata la vittoria dell’armata guidata da
Pietro II. Tuttavia il piano di battaglia proposto da Raimondo VI, prevedente
un approccio basato sulla prudenza, non fu preso in considerazione da Pietro II.
Raimondo VI infatti aveva proposto “fassam
entorn las tendas las barreiras dressar, / que nulhs om a caval dins non pesca
intrar; / e si veno ilh Frances que vulhan asautar, / e nos ab las balestas les
farem totz nafrar, / can auran les cabs voutz, podem los encausar, / e poirem
los trastotz aisi desbaratar”. Il re invece andò allo sbaraglio con la
cavalleria in nome di una “bella battaglia”. Per di più scese in combattimento
in mezzo alla cavalleria, in seconda fila, con armi non proprie che non lo
rendevano riconoscibile in quanto re. Non fu dunque riconosciuto dai crociati
francesi che in tal caso lo avrebbero catturato e fu dunque ucciso come
qualsiasi altro cavaliere. A quel punto, perso il proprio re, la cavalleria si
sfaldò di fronte ai crociati. “Mot fo
grans lo dampnatges e l dols e l perdements / can lo reis d’Arago remas mort e
sagnens, / e mot d’autres baros, don fo grans l’aunimens / a tot crestianesme
et a trastotas gens”. Sorte analoga toccò alle truppe di Raimondo VI e
dunque la battaglia si concluse a favore dei Crociati.
Alla
battaglia seguì un periodo in cui Monfort si impegnò a ridurre le ultime sacche
di resistenza ancora presenti nei feudi meridionali mentre Raimondo VI fu
costretto ad andare temporaneamente in esilio in Inghilterra. I fatti della
Crociata continuarono ancora per anni. Simon de Monfort sarebbe poi morto
durante l’assedio di Tolosa nel 1217 dopo che la città era stata ripresa temporaneamente
da Raimondo VI. La leggenda avrebbe voluto che fosse stata una donna a lanciare
con una catapulta la pietra che lo avrebbe ucciso. Alla guida della crociata
gli sarebbe successo il figlio Aumary. In un’ultima fase (a partire dal 1226)
sarebbe poi intervenuto lo stesso re di Francia Luigi VIII, subentrato sul
trono francese al padre Filippo Augusto nel 1223. La crociata può essere
considerata conclusa militarmente nel 1244 con la caduta di Montségur mentre
dal punto di vista politico nel 1271 quando, con la morte del fratello del re
di Francia Alfonso di Poitiers e di sua moglie Jeanne, figlia di Raimondo VII
morto nel 1248 senza erede maschio alcuno, la contea di Tolosa fu incorporata
nei domini del regno di Francia. Del resto le sorti della Crociata erano già
state segnate fortemente dalla disfatta di Muret a seguito della quale era
venuta meno qualsiasi possibilità di capovolgere le sorti del conflitto e
dunque della fine dell’Occitania.
[1] Philippe MARTEL, Le XIIIe siècle: ordre chrétien et
ordre monarchique, in INSTITUT d’ETUDES OCCITANES (sous la direction
d’André ARMENGAUD e Robert LAFONT), Histoire
d’Occitanie, Hachette littérature 1979, cit. pag. 311.
[2] Michel ROQUEBERT, L’Epopée
Cathare, Tome II 1213-1216 Muret ou
la depossession, Privat, Toulouse 1977.
[3] André DUPUY, Historique de l’Occitanie, collection Connaissance de l’Occitanie, Montpellier
1976.
[4] Si può fare riferimento all’edizione curata da Henri
GOUGAUD, con prefazione di Georges DUBY, La
Chanson de la croisade albigeoise, collection Lettres gothiques, Le Livre de Poche, 1995. Purtroppo è tuttora
assente un’edizione critica completa dell’opera.
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