Il bilinguismo in famiglia: vantaggio o svantaggio?
Il bilinguismo, inteso come “il parlare
correntemente due lingue”, può verificarsi in tre distinte combinazioni
linguistiche. L’uso corrente della lingua maggioritaria (per noi l’italiano)
può trovare accoppiamento con:
• una lingua estera,
• una lingua storica,
• un dialetto.
Nel primo caso siamo in presenza di persone di
origine estera, o dei loro figli nati in Italia, che in famiglia parlano la
loro lingua madre, come il rumeno o l’arabo, mentre fanno uso dell’italiano nel
contesto pubblico. Questo tipo di situazione è sicuramente destinato ad
aumentare dal momento che sono in crescita le famiglie con almeno un membro di
origini straniere.
Nel secondo caso, invece, si è di fronte alla
compresenza di italiano e lingua storica, ovvero una lingua parlata da una
comunità etno-linguistica originaria di alcune aree del paese, aree dove un
tempo era la lingua maggioritaria. Si tratta di zone più isolate rispetto ad
altre regioni del paese come, per esempio, l’arco alpino. Oltre al sardo si può
citare, infatti, l’occitano, l’arpitano, il tedesco, il retico e lo sloveno,
tutte lingue parlate nell’arco alpino dove la penetrazione dell’italiano non ha
avuto modo di verificarsi se non negli ultimi secoli. Questo caso, così come il
terzo sopracitato, ovvero la compresenza di italiano e dialetto, è una
tipologia di situazione in diminuzione. A causa della massificazione della
cultura e l’estensione dei mezzi di comunicazione, la trasmissione
generazionale della lingua storica o del dialetto si è praticamente quasi fermata,
eccetto pochi casi, come nelle regioni a statuto speciale.
Tutti e tre i casi di bilinguismo sopraelencati
determinano la necessità di una scelta dell’idioma da usarsi a seconda del
contesto in cui si è collocati. La scelta della lingua, infatti, è libera solo
nel contesto privato, mentre in quello pubblico e sociale si è forzatamente
obbligati a scegliere la lingua ufficiale maggioritaria per potersi utilmente
rapportare con gli altri. Si parla così di diglossia, ovvero di una forma di
bilinguismo fra due idiomi di livello differente e usati in due contesti
differenti (uno pubblico e uno familiare).
Un possibile svantaggio del bilinguismo potrebbe
essere visto nella difficoltà dell’apprendimento dell’italiano: il bambino
bilingue potrebbe partire in svantaggio quando inizia il suo percorso
scolastico. Questo è però un falso problema perché il divario può essere
colmato semplicemente in più tempo o con una maggiore preparazione. Inoltre, e
questo è il vero vantaggio del bilinguismo, lo scolaro bilingue ha sicuramente
una maggiore apertura mentale.
Un altro presunto svantaggio è la tendenza
disgregatrice del bilinguismo che tenderebbe a creare tante piccole patrie.
Questa è in realtà una analisi distorta che nasconde una visione campanilista,
sciovinista e talvolta razzista della propria identità culturale e linguistica.
In realtà il bilinguismo è per definizione un elemento democratico che permette
l’apertura mentale e uno sguardo cosmopolita del mondo.
Il bilinguismo quindi non può che essere considerato
un vantaggio per l’individuo. Non bisogna considerare le lingue come statiche
bensì vanno viste come dinamiche. Non avviene evoluzione di una lingua senza
contaminazioni. Se una lingua non evolve e non si rinnova, muore e, per
rinnovarsi, ha bisogno anche del bilinguismo. Per esempio ciò si può
evidenziare nel rinnovamento della lingua latina che, grazie alla diglossia, ha
dato origine, grazie al contatto con le lingue di substrato e superstrato, alle
attuali lingue romanze.
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